giovedì 8 dicembre 2016

Un amaro trascorrere

Era da così tanto tempo che viaggiavamo...
il tempo, da sempre puntiglioso distributore di attimi, aveva perso la sua più importante funzione. I giorni, le ore e i secondi, finalmente liberi dal loro padrone, si muovevano liberi creando una perfetta alchimia e suscitando in me grande smarrimento.
Se non fosse stato per l'alternarsi del giorno e della notte, probabilmente sarei stato perso.

E lui sedeva lì, vicino a me... guidava come impossessato da una sorta di demone interiore, non uno malvagio bensì da un qualcosa che ossessivamente gli imponeva di guardare la strada davanti a noi, senza che niente potesse disturbarlo in alcun modo.

Certo... qualche parola ci si poteva scambiare tranquillamente ma di qualità, ahimè, se ne respirava poca.

"Ehi riesci a sentirmi? Dov'è che stai... anzi... dov'è che mi stai portando?" Chiesi, spinto da innocente curiosità.

E lui con grande sufficienza... "Ancora non siamo arrivati, ma tranquillo, presto capirai..."

D'altronde, come dargli torto... quando si ha la testa altrove, le parole non assumono altro se non il solo, triste e freddo, compito di messaggere, fluttuando senza passione e arrivando così, quasi per inerzia, a destinazione.
Non vorrei essere al loro posto con il peso di una così ingrata responsabilità.

La macchina scivolava così, lasciandosi dietro scie che come pennelli incantati sembravano prendere parte a un più grande, seppur incomprensibile, disegno.  

E allora rimanevo in silenzio, assorto sotto una cascata di melodie e piccoli silenzi, facendo scorrere la mente tra un pensiero e un altro pur non riuscendo a capire cosa ci fosse davanti a noi.
Restavo lì... semplicemente... esistevo.
Da sempre instancabile sognatore, accarezzavo le "briciole" che il mondo mi mostrava, scalando montagne di stupore e attraversando oceani di meraviglie sorretto da un'immaginazione senza confini.
Nella sua immensa vastità osservavo i suoi colori sfrecciarmi davanti agli occhi, mutare, o forse semplicemente, scorrere.

E intanto pensavo al suo tragitto... alla sua importantissima, seppur al contempo assurda ai miei occhi, crociata, non riuscendo ad afferrare come "quella" meta potesse cancellare tutto il resto.

"Ma... ma davvero non riesci a renderti conto di quello che ci stiamo perdendo là fuori?! Sei così sicuro che ne valga realmente la pena?", dissi...

Il mio tono inizialmente pacato e spontaneamente curioso stava lentamente cambiando, diventando via via sempre più aspro e pesante. Eppure lui non reagiva, continuava a dire ad alta voce quello che probabilmente nella sua testa già si ripeteva da tempo.

"Non devi preoccuparti... i piccoli piaceri che adesso ti sembrano così speciali, non saranno niente paragonati a quello che troveremo, una volta arrivati".

Ma io... d'altro canto... ignorando la risposta, continuavo imperterrito a guardare dal finestrino.
Sinceramente... che cosa mai avrei potuto fare?!
Ho sempre creduto di esser più bravo ad ascoltare più che a parlare, così a maggior ragione rimanevo in silenzio, continuando a ripetermi... "Ma dai, non puoi non riuscire a capirlo, deve essere per forza colpa tua!".

Purtroppo in contrapposizione alla straordinaria bellezza, il tempo stava allevando in me la crescente malinconia dello spettacolo che prima si mostrava, e poi altrettanto velocemente scompariva, lasciandomi soltanto un semplice e fugace ricordo come sabbia stretta nel pugno di una mano.

Osservavo le foglie che fin dalla loro nascita avevano vegliato sul mondo dalla loro altezza, così fisicamente distanti, arrendersi sotto il peso di un'eterna esistenza....
si lasciavano andare, trascinate dal vento e instancabili, donavano al mondo ancora un po' di magia.
E quanta amarezza nel pensare che potrebbero essere definite dalla maggior parte delle persone... morte.
Per non parlare delle gocce d'acqua che arrivate alla fine della loro corsa scivolavano dolcemente sul tergicristallo e di lì a poco accarezzavano il terreno del quale un tempo facevano parte.
In loro la gioia di un traguardo tanto desiderato e l'intramontabile orgoglio di un percorso costellato di sacrifici nella loro scia.

Che rabbia!
Se solo avessi potuto fermare questa presuntuosa vettura e il suo ancor più ostinato conducente anche solo per un istante, forse avrei potuto prendere, scendere tra "loro" e semplicemente... partecipare.
Mi sarei finalmente reso conto che uno spettatore, non è altro che un timido ragazzo sovrappensiero immobile davanti alla finestra di casa, talmente innamorato del modo esterno, quanto spaventato dalla fragilità del suo stesso sorriso.

"Come può tutto ciò non essere abbastanza?!", ripetevo dentro di me tra un sospiro e l'altro.

Così insistendo a lui...
"Basta, non ce la faccio più, fa quel che vuoi ma lasciami uscire! Questa crociata non mi appartiene, se vuoi rovinarti la vita fa pure ma fallo da solo!".

Peccato che dalla sua bocca non uscisse più niente.

Eppure... nel suo silenzio non si scorgeva rabbia né indifferenza bensì il volto di un uomo visibilmente provato e consumato dalle sue stesse scelte.

E così l'abbagliante speranza che riempiva i suoi occhi, quando prima di ogni curva credendo di essere arrivato, concedeva alle sue labbra serrate un timido sorriso, si trasformava di colpo in tremenda amarezza, che il suo respiro falliva miseramente nel nascondere, quella di una strada ancora lunga e tortuosa da percorrere.

Ma si sa... non siamo fatti per trattenere le emozioni come incorruttibili contenitori, al contrario impariamo dal mondo esterno... sincronizziamo i nostri movimenti per prendere parte a un unico grande ballo... moduliamo le nostre voci per creare sinfonie ancora più maestose... ci teniamo per mano in un unico grande abbraccio per fronteggiare qualsiasi cataclisma...

E così insieme al conducente, anche io cominciavo a farmi carico della sua palpabile frustrazione, non riuscendo più a distinguere le figure oltre il mio finestrino, ormai troppo abili nel confondersi tra loro.

Quanto odio doverlo ammettere...
la sua ricerca era diventata, ahimè, anche la mia, così come la frustrante stanchezza che ne derivava, stava abbracciando anche me.

Esausto per una ricerca senza risultati, nel riflesso sfocato del finestrino sempre più appannato tra le gocce di un cielo ormai in pace con sé stesso, ecco d'un tratto la sorpresa di un sorriso inaspettato e sincero.

La "destinazione" non deve essere raggiunta, è già intorno a noi... cercarla equivale a perderla.
È come desiderare ardentemente di poter afferrare l'orizzonte senza accorgersi che intorno a noi abbiamo già tutto. Immersi nella bellezza ma tremendamente assenti.

Il futuro... come un santo protettore mette un freno a quella mina vagante che è il presente, con la sua instabile e sconvolgente passione.
Si, è proprio lui, non lo fa con cattiveria, anzi... ci mette talmente tanto amore che potrebbe sembrare il tranquillizzante tono di un padre di famiglia quando rassicura il figlio con un caloroso "va tutto bene, sarà per un'altra volta...", rimandando a un altro giorno le speranze.

Sfinito da tanta amarezza ma desideroso di fragile verità, dentro di me la struggente richiesta di pace tra queste due, così ottuse e imbronciate figure, futuro e presente...
"Ma perché non potete raggiungere una tregua per tutti coloro che come me, camminano in punta di piedi per non disturbare nessuno e passare inosservati, nella viva speranza che un giorno, stringendovi la mano possiate insegnarci a danzare spensierati al ritmo della vita?!".

Nella trasparenza svanita di un finestrino appannato, di colpo l'immagine iniziò a prendere forma e con inaspettato stupore, presi coscienza di una verità talmente banale da non averla mai voluta prendere in considerazione.
Gli occhi che nient'altro avevano voluto vedere se non la strada davanti a loro... la bocca che mai aveva pronunciato quello che realmente avrebbe voluto... gli orecchi così tanto recettivi ma allo stesso tempo così tanto isolati... componevano un mosaico tanto familiare quanto sorprendente.

Come potevo non essermi mai reso conto che non esiste passeggero più conosciuto da ognuno di noi se non...
noi stessi.
Accecati da un vittimismo insensato, con l'ossessivo bisogno di attribuire agli altri la colpevolezza della nostra insoddisfazione.

Fa davvero tanta paura ammetterlo... che per quanto possa rassicurarci non esiste una velocità definita. Che la vera bellezza di tutto questo sta nell'imprevedibile corso che il nostro viaggio può prendere e che solo noi possiamo controllare.
Possiamo sostare per scorgere un panorama o per condividere delle emozioni sincere e reali con qualcuno. Rallentare per goderci un momento speciale o provare ad accelerare per superare il più velocemente un dolore. Il tutto nelle nostre mani.

La vita si svolge adesso, intorno a noi e non alla prossima curva.

Eppure...

Perché quel freno sembra sempre la cosa sbagliata?